domenica 14 agosto 2011

Filo spinato

Certi luoghi sono disseminati di filo spinato a cui si attaccano brandelli della nostra vita. Punte acuminate, maglie strette di un setaccio dove rimangono impigliati i ricordi più dolorosi, quelli che vorremmo dimenticare ma sotto sotto sappiamo che si nascondono dietro una curva di un viottolo di campagna, tra le note di una canzone, in un improvviso profumo di asfalto bagnato, di terra dopo il temporale.  Sono lì, in agguato, pronti a prenderci per la gola, a stringerci il cuore quel tanto che basta per avere la sensazione di una sorda sofferenza; non abbastanza da toglierci del tutto il fiato.
Sono i ricordi degli errori, delle debolezze, del tempo che non può tornare indietro e della nostra impotenza a cambiare anche un solo particolare di quanto accaduto; una parola, un gesto sarebbe forse stato sufficiente a schivare il filo spinato.

mercoledì 10 agosto 2011

The sound of life


Esiste una colonna sonora della vita? Una musica, una canzone ascoltata la prima volta nell’adolescenza e che ti segue per tutti gli anni a venire? non un ascolto casuale ma un’emozione che ogni volta rinnova sensazioni, pensieri, ricordi? Eccoci di nuovo alla famigerata madeleine. No, non proprio, questa volta intendo un tema musicale che ha scandito, magicamente, momenti differenti ma sempre cruciali della nostra esistenza. Succede solo a me oppure è condiviso da altri il trovarsi ad ascoltare “The sound of silence” di Simon & Garfunkel e ricordare un pomeriggio di Natale del ’68, all’uscita dalla proiezione del Laureato con Dustin Hoffman, Benjamin Braddock, quasi bambino. I tram e i bus nei giorni di Natale degli anni 60 terminavano il servizio nel primo pomeriggio, così io e Andrea, mio cugino, a piedi fino a casa abbiamo passato un’ora a raccontarci le scene del film che poi, nel corso degli anni, e non solo per noi due, sono diventate quello che oggi si definisce ‘cult’: “plastica, Ben, il futuro è nella plastica…”  ,”Signora Robinson, lei sta tentando di sedurmi!”. E la Duetto rossa? Fuori, intorno a noi le prime avvisaglie di un periodo prima ricco di attese poi ansioso e cupo per il nostro Paese, intorno a noi Berkeley ed Elaine Robinson, troppo bella e irraggiungibile. Il laureato è rimasto uno dei miei Cult, credo di averlo visto almeno dieci volte, con persone diverse che hanno contato, chi più chi meno, nella mia vita. Mi è addirittura capitato di vederlo in cinese…Mi trovavo ad Hong Kong, inizialmente per lavoro in Cina negli anni ottanta e poi per scelta impantanato in una lunga residenza quando mi sono imbattuto in un manifesto cinematografico promozionale, rigorosamente realizzato a mano come usava in Cina allora, raffigurante Mr Robinson che si sfila una calza davanti agli occhi attoniti di Benjamin – Dustin…non ho saputo resistere.
Dopo oltre quarant’anni ogni volta che ascolto The sound of silence mi stupisco nel constatare la sua bellezza e la sua attualità. Proprio ieri, percorrendo la strada che costeggia il delta del Po tra Rovigo e Chioggia, quando il sole del tramonto riflesso sulle acque  della laguna ti ferisce gli occhi e trasfigura il paesaggio fatto di acqua, pali, radura strappata al mare salmastro e uccelli di palude le note della canzone mi hanno fatto pensare che difficilmente una canzone, una musica un cantante di oggi, per quanto magico, riuscirà a trascorrere tanti anni con la sua carica evocativa e in qualche modo così densa di suggestioni. Vasco? Quando a ottant’anni sentirò ‘Vivere’ riuscirò ancora a commuovermi?

mercoledì 6 luglio 2011

Un mese dopo


E' poco più di un mese che ho cominciato a tenere questo diario virtuale. Non voglio ancora esprimere un giudizio o un’ impressione su questa esperienza: non mi sono ancora chiari tutti i termini della presenza on line e di quello che significa. Quello che è certo è che ho cominciato a condividere pensieri, opinioni, riflessioni con altri “perditempo” come me. Ho cominciato ad addentrarmi nella selva dei blog e dei blogger e ho trovato alberi bellissimi, terreni ben coltivati e qualche erbaccia. Sui contenuti non posso esprimere un giudizio che è strettamente connesso al senso che ciascuno vuole attribuire alla sua presenza in rete, sul panorama, sulla grafica ho per lo più un’impressione molto positiva in termini di cura, di raffinatezza, di ricerca estetica; blog come quello di Samshara con un raffinato bianco e nero o quello di Dud con le immagine delle vette estreme, a prescindere dai contenuti che pur seguo, mi creano una grande ‘invidia’ per la loro cura e mi stimolano a migliorare se non cambiare totalmente l’estetica “francescana” e standard della mia pagina. Ma, mi chiedo, è importante scegliere il diario sul quale appuntare dei contenuti che vogliamo condividere o semplicemente fissare? E’ un po’ come all’inizio della scuola, i primi anni delle elementari, la cosa più eccitante quando settembre volgeva al termine e la scuola incombeva col canonico primo ottobre, l’unico motivo di piacere per il ritorno dalle vacanze era rappresentato dal rivedere i compagni ma, più di tutto, dalla scelta dell’astuccio e del diario. A distanza di qualche decina di anni ho capito il valore della conoscenza ma, evidentemente, la scelta del diario è ancora ai primi posti.

martedì 14 giugno 2011

Ricomincio dall'inizio

Ho dato il via a questo blog con un intento preciso: capire come si fa.
Come si fa a pubblicare, ad aggiornare, correggere, linkare…
Ho cercato su google il termine Blog e strumenti. Ci sono una miriade di programmi per costruirsi il proprio blog, e una miriade di spazi dove pubblicarlo.
Il programma di google mi è sembrato il più semplice, ho aperto il ‘form’ e nella parte inferiore ho scorto il tasto: pubblica.
Beh, dovevo provarci.
In fondo si trattava solo di scrivere qualche riga e metterla on line.
Qualche riga ‘de ché’ direbbero a Roma. Di testo. Ed allora: Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisici elit, sed eiusmod tempor incidunt…Dopo vent’anni di Agenzia il classico testo usato dai grafici come ‘fintotesto’…
Oppure entrare subito nello spirito dei blogger e pubblicare qualcosa su un argomento che mi sta a cuore, sul quale condividere pensieri, punti di vista, interessi, spunti.
Ho mille interessi, tante curiosità e qualche passione.
Mezzanotte, i bambini dormono, la tele è finalmente spenta. Davanti allo schermo del computer la prima cosa che mi ha colpito è stato il nik che mi sono scelto: Swann, seguito da un numero perché di Swann che ne sono evidentemente tanti… Il primo collegamento immediato con swann non è stato un cigno, altrimenti il blog forse avrebbe trattato di musica classica, di balletto o di pittura dell’’800… il nesso è stato ‘ La Recherce’ di Marcel Prust: da qui al tempo perduto e al tempo ritrovato penso siano passati pochi millesimi di secondo.
Ho pubblicato il primo Post e mi sono reso conto che avevo magicamente colto uno degli argomenti che più mi stanno a cuore: la ricerca di me stesso, il senso della mia presenza su questa terra.
E così, per scherzo, ho deciso di continuare. Forse non sono solo?

Un'altra storia

I profumi, la musica, ci colgono alla sprovvista; le emozioni più intense arrivano di soppiatto e ci pervadono. 
Non è che non possiamo 'ricrearle': possiamo tranquillamente entrare in una profumeria e farci dare un campioncino di Ṍ de Lancome e come degli sniffatori di colla deliziarci del suo bouquet ma...l'emozione è flebile e Lei, quella che merita la nostra lettera maiuscola, assente, confinata sullo sfondo come uno spirito evocato da un mago svogliato. Diverso è cogliere la stessa fragranza in mezzo alla gente, nella calca di un'ora di punta, girarsi di scatto, certi che Lei è lì...o è appena passata. 
L'emozione risulta infinitamente più intensa se passeggiando per le strade di una città sconosciuta, magari sovrappensiero ci capita di udire, provenienti da una finesta socchiusa, le prime note di una canzone ascoltata molti anni prima. 
L'intenzionalità nel cercare di ricreare lo struggimento è quasi sempre, ahimè inefficace o di brevissima durata.
Con i libri è un'altra storia. Forse perché non siamo noi a sceglierli, ma sono i libri che scelgono noi…
Amiamo un libro e apprezziamo maggiormente un romanzo quando questo ci parla di noi, della nostra vita, della nostra ricerca; quando descrive una situazione che in qualche misura ci riguarda. Se in un libro siamo capaci di trovare non già le risposte, ma anche solamente una  circostanza che sembra riflettere il nostro stato d’animo…allora quel libro è il migliore che abbiamo letto; ci sentiamo di consigliarlo a tutti gli amici. Se lo stesso libro ci fosse passato per le mani un anno prima, una settimana prima della coincidenza, della situazione, del momento specifico di difficoltà che oggi ce lo fa tanto apprezzare…magari l’avremmo letto distrattamente, tra una fermata e l’altra dell’autobus, del tram che ci porta inesorabilmente ad intrecciare l’evento che ci attende e che dal prossimo libro sarà per magica contingenza descritto.
Un amico che ci consiglia un libro deve non già conoscere i nostri gusti, la nostra storia di lettori più o meno incalliti...deve bensì avere occhi capaci di leggere dentro di noi quello che noi stessi fatichiamo a scorgere.

sabato 11 giugno 2011

Quei giorni, quei profumi

‘Quei giorni perduti a rincorrere il vento…’ , era tanto che non sentivo le note di Amore che vieni, amore che vai di De Andrè; come per magia il fenomeno si ripete e si conferma lo straordinario potere evocativo della musica. Solo i profumi riescono in un tempo così breve a trasportarmi indietro ad un attimo, una situazione, una persona. Anche le puzze, ad essere sincero. Non posso sentire l’acre odore dell’olio di palma scaldato senza trovarmi magicamente a Düsseldorf, nella città vecchia, una sera d’inverno, uggiosa come un novembre a Milano, nebbiosa come a Milano non si vede più da tanto tempo. Le viuzze della Altstadt che portano a Csikos (ricordavo Cicos, poi, cercandolo in rete ho scoperto che si scrive con una S e una cappa)... l’emozione di bussare a un uscio, uno spioncino che si apre, una voce sgarbata che chiede chi sei, chi ti ha mandato. Come una setta segreta, per accedere a un sordido locale ungherese dove si gusta il gulash più piccante e più gustoso mai assaggiato nei seguenti quarant’anni di esperimenti. Una buona notizia: Esiste ancora. 
Lui, il ristorante. 
Io? Beh, forse no, sicuramente non più quello. I miei occhi sono cambiati, così pure i miei pensieri, gli affetti e le speranze. L’unica cosa immutata è, evidentemente, il naso, il fiuto. 
Che dire ancora del profumo, o la puzza? del bacon fritto che sale dalle cucine nei seminterrati, dai basement di Lennox Gardens, di Walton Street, la mattina alle sette. Ogni volta che mi faccio una carbonara, ogni volta che friggo la pancetta affumicata, torno per un attimo a Knightsbridge… 
Quei giorni perduti a rincorrere il vento.

domenica 29 maggio 2011

Quanto tempo


Quanto tempo”, dirai.
E ci sarà odore di treni, di gente, una brezza tiepida.
Davanti ai giardinetti della stazione, tristi e spogli come i giardinetti di mille stazioni, tra le nubi si scorgerà la luna.
“Come va?” chiederai.
Posata al fianco la borsa
Sorriderti sarà meraviglioso:
Bene, quando ti vedo”.

giovedì 26 maggio 2011

La ricerca comincia

Una ricerca lunga come tutta una vita: rivivere il tempo trascorso… col senno del poi.


Chi non ha mai sognato di poter tornare indietro e rivivere una situazione, un amore, un'amicizia, un'avventura con l'esperienza maturata in tanti anni di errori, di leggerezze, di...mattonate nei denti? 


Se ci dovesse mai capitare di trovarci, magari una sera d'inverno, viaggiatori distratti in transito per una sperduta stazione e un venditore d'almanacchi (si, ho detto proprio almanacchi, ma intendevo calendari...) ci facesse l'oscena proposta di acquistare il calendario di venti, trent'anni addietro con la promessa che il nostro tempo d'incanto si fermerà nella sua corsa verso un baratro che ci atterrisce e stop!  Potremo ricominciare a vivere da dove eravamo partiti.
Attenti, attenti ad accettare con troppo entusiasmo. Il venditore non ci ha ancora svelato quale sarà la condizione per fare il nostro “salto” indietro nel tempo. 
Nulla di drammatico, non temete; doloroso piuttosto. Potremo tornare indietro e avremo facoltà, anzi, obbligo di portarci appresso come bagaglio l'esperienza di tutta la nostra vita, i nostri ricordi anche se già trascorsi, le sensazioni, le emozioni ma...non potremo cambiare nulla, neppure un secondo di quanto abbiamo già scritto. 
Mica male no? Se noialtri fossimo un gobbo conte sfigato, sicuramente rinunceremmo...Ben altra è però la nostra tempra. 
Ohh, dunque, per prima cosa telefonerei ad Alessandra e prima ancora di salutarla le direi...No, no. Maledizione è vero, potrei solo limitarmi a sentire la sua voce, a darle un appuntamento alla fermata di Palestro per la mattina seguente e poi, la mattina seguente...potrei accompagnarla fin davanti a scuola, salutarla, vederla scomparire tra le compagne, seguirla stando sul marciapiede di fronte all'ingresso nel suo tragitto per le scale fino all'aula, farle un cenno di saluto. Che lei non vedrà. Le fronde gialle dei tigli che nell’attesa di lei mi erano parse così romantiche mi accompagneranno ancora una volta nella via del ritorno parate come in un “tunnel della vergogna”: i rami spogliati dall’ultimo vento d’autunno saranno in eterno armi sguainate che accompagnano il mio mesto percorso, ghigni di soldataglia schierata a schernire il mio impaccio, la mia paura di dirle  quello che provo per lei. Ancora una volta lei non potrà confessarmi che aspettava solo un mio passo, un mio gesto, un timido segnale per appoggiare il capo sulla mia spalla e chiudere gli occhi abbandonandosi alla tenerezza del primo amore. Quanti anni, amori, quanti sconquassi e compromessi ho dovuto aspettare per reincontrarla in una anonima sala d'aspetto, e ascoltare, tra un avviso di decollo e un imbarco il racconto della sua vita, di quello che era allora, della mia identica passione e del mio impaccio? Ma questa volta...ahh, questa volta... E nò. Non si può cambiare neppure una riga.  I suoi capelli sciolti, il profumo di buono, lo sguardo languido, i sussurri complici, le carezze mancate resteranno per sempre una condanna e un monito a quello che avrebbe potuto essere e non è stato.
A questa condizione ne vale ancora la pena? Voi cosa fareste? Lo comprereste ugualmente il calendario del 1970?


Pass. Oh che altra vita vorreste rifare? La vita c'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Vend. Lo credo cotesto.
Pass. Nè anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Vend. Signor no davvero, non tornerei.
Pass. Oh che vita vorreste voi dunque?
Vend. Vorrei una vita così come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Pass. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Vend. Appunto.